Torna nella stagione 2019-20 del Balletto, in scena al Teatro Costanzi dal 6 al 10 maggio, la formula del trittico con tre capolavori Suite en blanc, Serenade e Bolero di tre grandi maestri: George Balanchine e Serge Lifar, le cui coreografie sono state recentemente messe in scena dal nostro Corpo di Ballo, e Krzysztof Pastor al suo debutto al Teatro dell’Opera di Roma. L’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma è diretta dal maestro Façal Karoui.
In apertura di serata la poesia di Suite en blanc balletto non narrativo in un atto creato da Lifar nel 1943 per la compagnia dell’Opéra di Parigi. Il coreografo afferma che nel comporre questo capolavoro si è concentrato esclusivamente sulla danza pura, indipendentemente da ogni altra considerazione, animato dalla volontà di creare delle belle visioni. Il risultato è una successione di frammenti coreografici autonomi, tuttavia accomunati tra loro dal medesimo stile neoclassico.
Il secondo brano della serata è Serenade primo balletto americano di Balanchine creato nel 1934 a partire dalla Serenata in do maggiore per orchestra d’archi di Čajkovskij. Il balletto, una vera pietra miliare della storia della danza si divide in quattro movimenti. Come Balanchine stesso spiegò in Serenade, pur essendo privo di una trama, c’è la traccia di un uomo che incontra una donna, se ne prende cura, e di un destino che li allontana. La creazione nel tempo ha subito varie modifiche, ma la struttura generale è rimasta quella originale. I costumi sono di Barbara Karinska.
In chiusura Bolero di Pastor creato nel 2012. Il Bolero occupa un posto speciale nella storia della musica e della danza e soprattutto nell’immaginario del pubblico. La prima produzione ballettistica di Bolero è di Bronislava Nijinska insieme a Ida Rubinstein che nel 1928 la presentano al pubblico parigino, ma quella che ha segnato la storia e che ancora oggi si pone come un’icona dell’arte del balletto è la leggendaria versione di Maurice Béjart. Punto di partenza nell’idea coreografica di Pastor è che da sempre il Bolero è stato immaginato “in cerchio” generalmente con un tavolo rotondo al centro del palcoscenico con un solista, donna o uomo, che danza su di esso e gli altri ballerini tutti intorno. Il coreografo polacco usa quindi un ampio spazio rettangolare: da qui sviluppa la sua idea e affida l’esecuzione del suo Bolero a un uomo e a una donna, una coppia principale con un corpo di ballo che li ingloba e li rilascia. Le scene e i costumi sono di Tatyana Van Walsum, le luci di Bert Dalhuysen.
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