«Qui non si parla che del Figaro, non si suona, non si strombetta, non si canta, non si fischia che il Figaro, non si va a sentire altra opera che il Figaro. Eternamente Figaro!» così esultava Mozart all’indomani del grande successo ottenuto dalle Nozze di Figaro al Teatro Nazionale di Praga nel gennaio del 1787 e, dopo più di 200 anni, le opere “italiane” della felice collaborazione Mozart-Da Ponte appassionano e divertono ancora gli spettatori di tutto il mondo. Lo sa bene Graham Vick che, dopo Così fan tutte, ripropone in una nuova realizzazione al Costanzi, dal 30 ottobre all’11 novembre, un’altra grande opera del compositore austriaco e del librettista italiano, diretta dal maestro Stefano Montanari. Il direttore che torna sul podio del Costanzi, dopo il successo de Il viaggio a Reims, con l’opera che aveva segnato il suo debutto alla direzione d’orchestra, spiega: “ogni volta con Mozart scopro sempre qualcosa di nuovo”.
Il regista britannico, affiancato dallo scenografo e costumista Samal Blak, guida il pubblico nel viaggio tra i languori amorosi, gli inganni, la popolare scaltrezza degli aristocratici e il nobile orgoglio dei personaggi popolari dell’Europa di fine ‘700. Con le Nozze di Figaro vengono portate ancora una volta sulla scena le tensioni politiche e artistiche di un mondo ingabbiato nelle rigide macchiette dell’opera buffa, che Mozart e Da Ponte cercarono di scardinare delineando personaggi a tutto tondo, servi furbi e spavaldi, comprendendo e sviluppando quelle fratture sociali che porteranno il continente a deflagrare, di lì a poco, nella Rivoluzione.
Le tematiche politiche incontrarono la censura delle autorità asburgiche, costringendo Mozart e Da Ponte a numerosi ritocchi, ma non per questo venne compromessa la tensione drammatica che anzi resiste e cresce aggrappandosi ai due veri protagonisti dell’opera: l’eros e il destino. La passione e l’ineluttabile si incontrano e si abbracciano nell’amor fati a cui tutti i personaggi dell’opera si arrendono, riuscendo però così ad ottenere una grande vittoria; la riconciliazione con l’inevitabilità della sorte che spesso tormenta le nostre esistenze. Il messaggio mozartiano quindi rimane universale e, con ironia, consiglia a tutti noi di non fare troppo affidamento sull’esperienza perché alla fine, volenti o nolenti, si ricade sempre negli stessi errori. Meglio capire come reagire ai turbinii della vita affidandosi all’amore che non mente mai “ed al suon di lieta marcia corriam tutti a festeggiar!”.
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