Singolare, lungo e travagliato è stato il percorso che ha segnato il Teatro dell’Opera di Roma, dalla sua nascita al prestigio che l’ha accompagnato fino ai giorni nostri. Frutto del sogno tenace del suo padre fondatore, l’imprenditore edile Domenico Costanzi da cui ha mutuato il nome che ancora oggi porta, la sua edificazione fu commissionata nel 1879 ad Achille Sfondrini dallo stesso Costanzi. Il risultato del progetto realizzato dall’architetto milanese specialista nella costruzione di teatri, privilegiava l’impianto acustico grazie a una struttura a ferro di cavallo, concepita come cassa armonica che esaltasse la sonorità delle opere rappresentate. Tre ordini di palchi, un anfiteatro e una galleria che potevano ospitare fino a 2.212 spettatori (attualmente la capienza è di 1.560 posti), sormontati da una splendida cupola affrescata dal perugino Annibale Brugnoli: finalmente la capitale aveva la sua “casa” per l’opera. Terminato in soli diciotto mesi, il Teatro Costanzi viene inaugurato il 27 novembre 1880 con Semiramide di Gioachino Rossini, alla presenza del re Umberto I e della regina Margherita. Inizia così la programmazione del Teatro esclusivamente grazie agli sforzi economici e organizzativi dello stesso Costanzi cui rimane la gestione diretta del teatro, orfano di una guida pubblica dello stato, che rifiuta di riscattarne la direzione. Sarà infatti merito di Costanzi, e poi del figlio Enrico, portare sul palcoscenico del teatro della capitale prime assolute di opere divenute poi capisaldi del repertorio operistico universale. Due titoli su tutti, Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni che debutta il 17 maggio 1890 e Tosca di Giacomo Puccini, per la prima volta in scena il 14 gennaio 1900.
Dal 1907 il Teatro passa sotto la gestione, ancora privata, dell’abile impresario Walter Mocchi che nel 1912 affida la direzione alla moglie, il soprano Emma Carelli. Nasce l’“Impresa Costanzi” che nei quattordici anni sotto la guida lungimirante e attenta della signora Carelli, vedrà la scena romana protagonista di tante novità: tra le altre, La fanciulla del West, Turandot e Il Trittico di Puccini, Parsifal di Wagner, Samson et Dalila di Saint-Saëns e i leggendari Ballets Russes di Djagilev.
Solo nel 1926 arriva il riconoscimento ufficiale: per volontà di Mussolini, il Comune di Roma acquista il Costanzi che diviene “Teatro Reale dell’Opera”. Il passaggio merita una ristrutturazione, affidata all’architetto Marcello Piacentini, che sposta l’ingresso del Teatro sulla piazza che sarà poi intitolata a Beniamino Gigli, per dare maggiore spazio al numeroso pubblico che ne affolla i portici durante le rappresentazioni. Gli interni vengono impreziositi con nuove decorazioni. Su tutte svetta il maestoso lampadario che con le sue ventisettemila gocce di cristallo, illumina la platea dal 27 febbraio 1928, giorno della seconda inaugurazione con Nerone di Arrigo Boito.
Nel 1946, anche il Teatro abbraccia la nuova nata Repubblica Italiana e diviene “Teatro dell’Opera di Roma” e, nel 1958, in previsione delle Olimpiadi del 1960, viene affidato ad un ulteriore e definitivo restyling, sempre ad opera di Piacentini, che consegnerà al teatro il look che ancora oggi gli spettatori possono apprezzare. Oltre cento anni di successi hanno portato al Teatro dell’Opera di Roma le voci più acclamate, le bacchette più prestigiose e le note di musicisti che ne hanno segnato il destino: Pietro Mascagni, Giacomo Puccini, Ottorino Respighi, lo hanno consegnato agli onori della storia del melodramma italiano come la culla dell’opera verista e del teatro musicale del Novecento.
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