Il cancello è proprio accanto a un luogo, la Bocca della Verità, che tutti i turisti di Roma conoscono. Si attraversa un cortile e si entra in un edificio di architettura industriale il cui fascino è moltiplicato dalla vicinanza con le antiche vestigia. Qui in via dei Cerchi, nell’ex pastificio Pantanella, dai primi anni Trenta, il Teatro dell’Opera di Roma crea e produce le scenografie degli allestimenti e conserva con amore sessantamila costumi che hanno indossato i più grandi artisti della lirica e del balletto.
Una sede molto suggestiva. La struttura realizzata dall’architetto Busiri Vici ha una sopraelevazione con una luce pari a 23 x 44 metri, senza pilastri, tra le prime sperimentazioni di capriate in cemento armato. Grandi spazi, inondati di luce, con la splendida vista del Circo Massimo e del Palatino. E nei sotterranei nasconde un gioiello: un bassorilievo dedicato al dio Mitra, culto di origine persiana, diffusosi nella Roma del I secolo dopo Cristo.
Il laboratorio-deposito si sviluppa su tre piani, la falegnameria, dove si sagomano e si allestiscono con cantinelle, tele e legni i fondali delle scene di tutti gli spettacoli, secondo la tecnica tipica delle macchine teatrali; il braccio mobile grazie a cui salgono e scendono le costruzioni e la camera delle sculture. L’enorme salone dove si dipingono i teli, secondo i dettami della scenografia all’italiana è un esempio di arte e artigianato esportato in tutto il mondo.
I colori ancora oggi sono realizzati con delle terre che vengono sciolte con colle animali e viniliche. Il pennello è un lungo bastone che termina con un beccuccio di ottone che trattiene un carbone. Uno strumento originale, che si usa stando in piedi, con una visione particolare del dipinto.
Cambellotti, Prampolini, De Chirico, Manzù, Picasso, Guttuso e molti altri sommi artisti hanno nel corso dei decenni lavorato per le rappresentazioni del Teatro dell’Opera trovando nei suoi laboratori un tesoro di competenze e di professionalità. Loro stessi e i più grandi scenografi hanno dipinto in questi saloni: Cagli, Chagall, Maccari, Turcato, fino a Visconti, Pizzi, Zeffirelli e Ferretti.
L’edificio, pensato per la conservazione della pasta, si è rivelato particolarmente adatto a custodire, con la climatizzazione ideale, il cospicuo patrimonio dei costumi. Gli abiti della Callas in Norma, della Tebaldi in Tosca, della Scotto in Madama Butterfly, di Schipa in Traviata, di Del Monaco in Otello. O quello indossato, era il 14 gennaio 1900, dalla prima Tosca della storia Hariclea Darclée.