Atto primo.
Begbick, Trinity Moses e Fatty, inseguiti dalla polizia, fuggono con un autocarro diretti verso la Costa dell’oro. Bloccati da un guasto in una zona desertica, decidono di restare lì dove si trovano: essi stessi fonderanno sul posto una città dell’oro, la chiameranno Mahagonny e sarà un paradiso dove si potrà avere tutto: perché «gin e whisky, ragazze e ragazzi, questa è l’essenza dell’oro». I tre malfattori organizzano un’efficace propaganda ai pregi della vita nella loro città: come tante altre ragazze, Jenny e le sue sei compagne vi si trasferiscono per allietare la vita dei cercatori che nel frattempo affluiscono numerosi. Tra questi sopraggiungono Jim e i suoi amici, che si sono arricchiti dopo sette anni di duro lavoro in Alaska come tagliaboschi; Mrs. Begbick offre loro le ragazze e Jim sceglie Jenny. Ma presto nella città sopraggiunge la crisi economica. Jim contesta le già liberali leggi di Mahagonny: basta con i divieti, deve esservi permesso proprio tutto, anche soddisfare un desiderio folle come quello di mangiarsi il proprio cappello. Disgustato dalla falsità dell’ordine fondato sul denaro, Jim lo vuole sostituire con il caos di un’anarchia senza freni: mette a nudo l’ipocrisia della comunità portandone la morale alle estreme, paradossali conseguenze. Per denaro, proclama Jim, qualsiasi sopruso e qualsiasi desiderio sarà d’ora in poi lecito: mangiare, bere, prostituirsi, fare a pugni sono i suoi quattro comandamenti fondamentali. Si annuncia intanto l’arrivo di un uragano che pare sul punto di distruggere la città. Il panico e lo sconforto provocati dalla notizia della fine imminente fanno sì che le proposte di Jimmy vengano accettate: al pensiero di una catastrofe sempre in agguato per distruggere ogni cosa, concordano tutti, tanto vale vivere come se si trattasse dell’ultimo giorno della nostra vita.
Atto secondo.
All’ultimo istante l’uragano cambia miracolosamente percorso: la città è salva. Ma le leggi di Jim sono rimaste in vigore e i suoi amici ne pagano gli effetti catastrofici. Jack si rimpinza di cibo sino a morirne, mentre Joe, sul quale Jim scommette tutti i suoi averi, è sconfitto e perisce in un’impari sfida pugilistica con Trinity Moses. Disperato, Jim invita Jenny e Bill a ubriacarsi. Con un tavolo da biliardo, un’asta e un lenzuolo i tre fingono di trovarsi su una nave che veleggia verso l’Alaska, nel patetico miraggio del ritorno alla vita da tagliaboschi. Ma l’incantesimo svanisce bruscamente: Jim non ha di che pagare il conto delle bottiglie di whisky che si è scolato e nessuno, neppure Jenny, si offre di farlo; viene perciò gettato in prigione.
Atto terzo.
Ai danni di Jim viene celebrato un processo-farsa: i giudici sono i suoi stessi accusatori, Mrs. Begbick e Trinity Moses. Il crimine commesso da Jim è il più grave che si possa immaginare per Mahagonny: aver sedotto Jenny e provocato la morte dell’amico Joe sono peccati veniali in confronto a quello, imperdonabile, di trovarsi senza soldi. Solo la morte sulla sedia elettrica può lavare una simile vergogna, stabilisce la sentenza. Mentre la condanna viene eseguita, un incendio divora Mahagonny; in preda a una sorta di follia, gli abitanti sfilano in cortei di protesta con cartelli che si contraddicono a vicenda, ineggianti gli uni all’ordine gli altri alla libertà: la fine di Jim è anche quella della città.