L’esistenza è una questione di verbi modali. La parola ‘potere’ infatti non è solo un sostantivo che indica la capacità di determinare le azioni altrui, è anche un verbo, che rappresenta la possibilità di fare. Il verbo modale ‘potere’ in questo senso sembrerebbe agli antipodi del suo parente ‘dovere’: il primo indica la possibilità di svolgere un’azione, l’altro indica l’obbligo di farlo. La possibilità implica la scelta, l’obbligo no. A entrambi in ogni caso è correlato l’ultimo verbo modale rimasto: ‘volere’.
Si può volere qualcosa che si può fare; si può volere qualcosa che non si può fare; si può volere qualcosa che si deve fare; si può volere qualcosa che non si deve fare.
‘Volere’ quindi, sembrerebbe essere il verbo modale più importante, almeno dal punto di vista della realizzazione personale. La chiave è sempre quello che si vuole. Ma è così semplice saperlo? Nel 1982 l’artista Jenny Holzer espose a Times Square una delle sue famose dichiarazioni in forma luminosa: Protect me from what I want. L’opera, che sembra incitare a un consapevole autosabotaggio, evidenzia proprio i rischi del volere. Perché a ben guardare, il verbo ‘volere’ sottende la precondizione della libertà. Solo la libertà assoluta permette alla volontà di essere illimitata. Ma quanto siamo davvero liberi?
Qui entra in gioco il Potere, stavolta inteso come sostantivo: la possibilità di determinare le azioni altrui.
Il Potere, oggi, non ha necessariamente la forma di una costrizione. L’imperium degli antichi romani, che si esercita, che provoca sottomissione, non è l’espressione più pericolosa di negazione della libertà. La dialettica servo-padrone di Hegel è superata da modalità più subdole di comando, alle quali persino coloro che apparentemente detengono il potere sottostanno. “Il potere non necessariamente esclude, proibisce o censura. E non si contrappone alla libertà: può persino usarla […] si plasma sulla psiche, invece di disciplinarla o sottoporla a obblighi o divieti” scrive il filosofo Byung-Chul Han in uno dei suoi testi più illuminanti: Psicopolitica (Nottetempo).
Il potere più pericoloso non è dunque quello palese, che risiede nelle mani di un tiranno. Questo è facile da identificare, ha tratti evidenti e a volte ridicoli, grotteschi: spesso crea dipendenza o ansia, diventa un’ossessione, distrugge parti dell’animo umano il cui sacrificio difficilmente potrà essere risarcito. Henry David Thoreau in Walden se ne faceva beffe: “Che vantaggio ha un uomo se fa suo il mondo intero e ne viene in possesso con un’ulcera gastrica, con la prostata mal ridotta e le lenti bifocali?”.
Il Potere, nel nostro tempo, assume forme più subdole. Già Michel Foucault aveva rilevato il passaggio dal ‘potere sovrano’ al ‘potere disciplinare’, che assoggetta l’essere umano docilmente, producendo un’obbedienza del tutto inconsapevole, ma assoluta. L’essere umano oggi si autodetermina allo sfruttamento. Sceglie di mettere ogni parte del suo essere a disposizione. L’imperativo è la produzione, l’efficienza assoluta, la moltiplicazione infinita dei risultati in un’ascesa che non deve mai interrompersi, lanciata verso un culmine che non esiste, un asintoto in nome del quale viene sacrificata non la vita umana – che talvolta apparentemente migliora tra agi materiali sempre maggiori (e inutili) – ma la soggettività profonda.
Chi si oppone davvero a questa forma di potere? I precedenti numeri di «Calibano» risponderebbero l’outsider, o chi infrange ciò che è proibito. In questo pensiamo piuttosto a quell’essere umano che, come Simon Boccanegra, si lascia alle spalle trame e cospirazioni, ansie e ambizioni, per ritrovare in un estremo abbraccio l’umanità dimenticata. E che si ferma davanti al mare, per respirare insieme alla natura che lo circonda.
Paolo Cairoli, direttore di Calibano
Calibano – L’opera e il mondo è la rivista del Teatro dell’Opera di Roma. Nata come spazio di approfondimento e di dibattito intorno a temi di attualità sollevati a partire dagli spettacoli in cartellone e realizzata in collaborazione con la casa editrice effequ, il progetto editoriale prevede, ogni quattro mesi, la pubblicazione e la diffusione nelle librerie italiane di un volume monografico dedicato a un titolo d’opera e a un tema ad esso collegato, attraverso la commissione di saggi, racconti e recensioni di firme autorevoli.
Potete acquistare “Calibano” dal 27 novembre 2024 sul sito di effequ a questo link, in libreria e presso lo shop del Teatro dell’Opera di Roma
Le illustrazioni interne di questo numero sono di Katie Morris.
L’immagine in copertina è di Francesco Vezzoli (Ⓒ Francesco Vezzoli goes to Teatro dell’Opera di Roma, 2024 )