“I banchi nuotavano ordinati, in pattuglie. Cambiavano rotta e s’immergevano come se fossero stati un tutt’uno. A milioni seguivano un minuzioso schema di direzione, profondità e velocità […]. Non coglieremo questa complessità fino a quando non riusciremo a pensare al banco come a un animale di per sé stesso […]. E questo animale più grande, il banco, sembra avere una natura, impulsi e fini tutti suoi […]. Se riusciamo a vederlo in questo modo, non risulterà poi tanto incredibile il fatto che ogni pesce vada nella medesima direzione, che la distanza tra pesce e pesce sia esattamente la stessa per ogni individuo, e che pare vi sia un’unica intelligenza a governarlo”. È la logica del branco, magistralmente descritta da John Steinbeck in uno dei suoi libri meno noti, Diario di bordo dal Mare di Cortez, racconto delle esplorazioni scientifiche effettuate su un peschereccio insieme al suo amico biologo marino Ed Ricketts.
Proprio Steinbeck però ci ha abituati ad avere a che fare con personaggi che sono l’opposto del mainstream: sovvertitori dell’ordine sociale indifferenti all’andamento comune della vita, persino al guadagno. Sostanze individuali uniche, refrattarie alle convenzioni, aristocraticamente sprezzanti delle norme. Monadi autosufficienti nel pensiero e nell’azione. Del resto, persino la più ferrea e stringente logica di gruppo e il più radicato inconscio collettivo non possono impedire quelle luminose forme di tradimento capaci di indicare nuove vie, in opposizione al blocco compatto della massa.
La società odierna tende a escludere tutto ciò che non è norma, ciò che non diventa merce, che non è vendibile, direbbe Guy Debord. Abbiamo allontanato dalle nostre comunità le manifestazioni emotive o psicologiche che non riteniamo normali e codificato un’idea di normalità che sta stretta a chiunque. Ciò che di noi non è spendibile all’esterno, anzi cedibile, magari a un algoritmo, siamo pronti a censurarlo. Dimenticando che la libertà autentica non può che essere una forma di azione, scevra da tutte queste infinite ed eternamente proliferanti sovrastrutture.
Ce lo ricordano, talvolta, alcuni soggetti eretici e indisciplinati, incapaci di assuefarsi e ridursi, impossibili da correggere. Sono gli outsider, esseri umani quasi ‘primitivi’ nella loro indifferenza sociale. Come i fuggiaschi della famiglia, della chiesa, della scuola, della nazione o del partito, che secondo Gilles Deleuze e Félix Guattari superano le gerarchie di senso e i percorsi già battuti, per raggiungere stati diversi di molteplicità in divenire, orizzonti di pura intensità spogliati da ogni forma. Come Peter Grimes, il protagonista dell’opera omonima di Benjamin Britten, che nella contrapposizione anche fisica con la massa cieca perderà, indicando però una possibilità esistenziale altra.
Paolo Cairoli, direttore di Calibano
Calibano – L’opera e il mondo è la rivista del Teatro dell’Opera di Roma. Nata come spazio di approfondimento e di dibattito intorno a temi di attualità sollevati a partire dagli spettacoli in cartellone e realizzata in collaborazione con la casa editrice effequ, il progetto editoriale prevede, ogni quattro mesi, la pubblicazione e la diffusione nelle librerie italiane di un volume monografico dedicato a un titolo d’opera e a un tema ad esso collegato, attraverso la commissione di saggi, racconti e recensioni di firme autorevoli.
Potete acquistare “Calibano” sul sito di effequ a questo link, in libreria e presso lo shop del Teatro dell’Opera di Roma
Le illustrazioni interne di questo numero sono di Elena Manferdini
La copertina è di Giulio Paolini (Foto Ⓒ Luca Vianello, Torino / Courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino / Ⓒ Giulio Paolini)