Nasce Calibano, nuovissima rivista di approfondimento e dibattito del Teatro dell’Opera di Roma. Non un magazine promozionale delle attività della fondazione, ma uno strumento per costruire percorsi ed esplorare temi che tocchino gli spettacoli in programma. Una nuova iniziativa editoriale, realizzata in collaborazione con la casa editrice effequ, che ogni quattro mesi porterà nelle librerie italiane un volume monografico dedicato a un titolo d’opera e a un tema a esso collegato: un modo per attualizzare la fruizione di una forma artistica e mostrarne la profonda vivacità e contemporaneità. Agganciandosi alla nuova produzione dell’Aida di Verdi, in scena al Teatro Costanzi a fine gennaio, il primo numero affronta il tema del blackface (la pratica, oramai avversata, di interpreti bianchi con la faccia dipinta di nero) e dunque della questione razzista, che inevitabilmente porta con sé.
Allargandosi oltre i confini del teatro e della musica, Calibano parla delle tante forme di razzismo implicite o esplicite ancora presenti nel mondo, ma non solo. Si parte con la docente Neelam Srivastava, che indaga le radici colonialiste del blackface, per arrivare ad Andrea Peghinelli, che sottolinea i rischi del “cieco naturalismo” e di una concezione iperrealistica dell’interpretazione, per la quale un personaggio di colore deve necessariamente essere affidato a un Nero, passando per la riflessione sulla cancel culture della giornalista e scrittrice Costanza Rizzacasa d’Orsogna. Non mancano un’approfondita storia dei minstrel show, ripercorsa da Alessandro Portelli; due contributi, uno sui colori e uno sui suoni, rispettivamente di Marialaura Agnello e Paolo Pecere; il singolare caso del personaggio di Otello, che in origine non veniva truccato di nero per non turbare le coscienze con una storia d’amore tra un uomo proveniente dall’Africa subsahariana e una donna bianca, come ricostruisce Ilaria Narici. Ma ci sono anche la storia di Michael Jackson di Daniele Cassandro, giornalista musicale, e un articolo di Daniele Manusia, giornalista sportivo, che ci ricorda come anche lo sport sia tutt’altro che esente da razzismi, nonché un contributo dell’egittologo Enrico Ferraris, sulla costruzione dell’altro ai tempi di Aida. Calibano ospiterà anche recensioni di libri sul tema; e non mancherà lo spazio per la prosa e la poesia, con una breve antologia poetica curata da Stefano Bottero e un racconto di Giordano Tedoldi, e altro ancora. A impreziosire il lavoro, ogni numero avrà una copertina d’artista e un set di illustrazioni interne create da artisti che lavorano con le intelligenze artificiali text-to-image. Nel primo la cover è un collage di Marinella Senatore creato per l’Opera di Roma, mentre le immagini interne sono realizzate da Simone Ferrini con l’intelligenza artificiale.
“Calibano vuole osare” dice il sovrintendente dell’Opera di Roma Francesco Giambrone “guardare con coraggio e in maniera laica, critica, aperta e libera ai problemi dell’oggi, piuttosto che sfuggirli o lasciarli cadere nel neutro silenzio di scelte di comodo. Vogliamo che il pubblico si interroghi con noi. Perché il teatro è il luogo dove affiorano e si pongono domande, dove si ragiona insieme su risposte possibili e impossibili. Così anche la nostra rivista: pagine per riflettere insieme, guardarsi attorno, creare una comunità di pensiero a partire da ciò che accade sulla scena. Calibano è insomma un altro spazio di democrazia che emana da un luogo, il teatro, che per definizione, per origine e tradizione è arena di scambio e partecipazione democratici”.
“Un tema come quello del blackface può sembrare lontano dalla nostra cultura” dice il direttore di Calibano Paolo Cairoli “ma non lo è. Perché in un’epoca in cui possiamo interagire in ogni momento con persone che hanno storie e provenienze diversissime dalle nostre, è necessario interrogarsi sul nostro modo di relazionarci con gli altri. È un dovere per ognuno di noi mettere in discussione parole, gesti, atteggiamenti, attitudini che possano risultare offensivi o lesivi per la dignità altrui. Magari di quella del nostro vicino di posto a teatro. Perché una battaglia per l’uguaglianza non è mai per qualcuno in particolare, ma per l’umanità intera”.
“L’avventura di una rivista” dice Francesco Quatraro, co-direttore editoriale di effequ “è qualcosa di estremamente fecondo, per sperimentare stili, pratiche e idee diverse dal consueto corso editoriale dei libri. Inoltre, una rivista è ideologia, nel senso primigenio del termine: un discorso di idee e sulle idee, la possibilità di intrecciare punti di vista radicalmente distinti e farli consonare assieme. Senza contare che il contesto da cui partiamo, l’Opera, è per noi del tutto nuovo e dunque portatore di stimoli. Insomma, Calibano è una nuova occasione per effequ di essere trasversale, a suo modo storta, come le è sempre piaciuto essere, e soprattutto per imparare, che è il vero tesoro del mestiere editoriale”.
Calibano è realizzato dall’Opera di Roma e da effequ; si avvale inoltre della collaborazione con il master di giornalismo dell’Università LUISS di Roma. La redazione, diretta da Paolo Cairoli, è composta da Christian Raimo, Cosimo Manicone, Giuliano Danieli e dagli studenti della LUISS Alissa Balocco, Caterina di Terlizzi Benassati e Matteo Giusto Zanon.
Dopo il primo numero, disponibile a fine gennaio, Calibano tornerà in libreria a maggio con un volume dedicato a Madama Butterfly e alle discriminazioni di genere tra oriente e occidente. “E se vi siete chiesti perché Calibano” conclude Paolo Cairoli “non ce la caveremo dicendovi che Shakespeare è sempre un ottimo riferimento per chi si occupa di teatro. Innanzitutto Calibano vuole essere un omaggio ai coraggiosi esempi di riviste-laboratorio che ci hanno preceduto dandosi lo stesso nome. E poi nella Tempesta Calibano è il figlio di una strega, o di una donna presunta tale; è considerato un’anomalia, è escluso, marginalizzato, disumanizzato. Ecco: noi vogliamo partire rimettendo la sua voce al centro”.