Parte prima
Una vasta pianura in Ungheria.
È l’alba di un giorno di primavera e Faust prova un intenso sentimento di gioia davanti allo spettacolo del risveglio della natura. La quiete che lo rasserena viene turbata da una danza festosa di contadini, verso i quali avverte quasi un geloso fastidio, e, subito dopo, dalla fanfara di un esercito che si avvicina (Marcia Rákóczy).
Parte seconda
Nord della Germania.
Nel suo studio Faust pensa con profondo sconforto al tedio della vita. Decide pertanto di mettere fine ai suoi giorni con il veleno, ma s’arresta in extremis, colpito da un canto pasquale, che risveglia in lui i ricordi della sua candida religiosità infantile. Improvvisamente appare Mefistofele che, ironizzando sugli incanti religiosi del vecchio dottore, dichiara sarcasticamente di essere lo «spirito della vita», capace di dare felicità. Faust, dapprima impaurito dall’aspetto fosco del suo interlocutore, acconsente ben presto a seguirlo, e i due svaniscono nell’aria.
La cantina di Auerbach a Lipsia.
Gruppi di clienti ebbri innalzano cori a lode del vino del Reno e della bionda birra. In tanta allegria i compagni di bagordi sollecitano lo studente Brander a intonare una canzone, ed egli ne inventa una nuova che tratta delle disavventure di un topo avvelenato, il quale, correndo impazzito per la cucina, finisce dentro un forno e muore arrostito. Gli studenti, divertiti, levano una preghiera in memoria del povero sorcio, concludendola con una fuga sulla parola «Amen». Mefistofele si complimenta con gli studenti per la loro abilità e intona anche lui una canzone che racconta dell’insaziabile appetito di una pulce diventata la favorita di un principe. Faust è infastidito dall’ambiente volgare e chiede a Mefistofele di essere guidato a piaceri più elevati.
Boschi e praterie sulle rive dell’Elba.
Mefistofele invita Faust a distendersi su un profumato giaciglio di rose e lo fa addormentare ascoltando un soave concerto degli spiriti dell’aria e della terra. Nel sonno Faust sogna di essere circondato da gnomi e silfi danzanti che cantano la felicità donata dall’amore. Mentre tra le apparizioni di spiriti fluttuanti i cori voluttuosi e Mefistofele indicano a Faust coppie di giovani amanti passeggiare estasiati tra pampini e fiori, al sapiente dottore appare l’immagine di una fanciulla di straordinaria bellezza, Margherita. Faust, acceso di desiderio, chiede a Mefistofele di condurlo da lei. Lo condurrà direttamente nella sua stanza da letto, promette Mefistofele, seguendo un gruppo di studenti che sta per passare davanti alla casa della bella. Mentre cala la sera, a un coro di soldati che paragona volgarmente la ragazza a una fortezza da assediare, rispondono allegramente gli studenti con canti della tradizione goliardica.
Parte terza
Camera di Margherita.
Mefistofele invita Faust, intenerito dalla serena atmosfera della casa, a nascondersi dietro le cortine dell’alcova, mentre entra Margherita, ancora incantata dall’immagine di un bellissimo giovane che le è apparso in sogno. Sciogliendosi le chiome, la fanciulla canta l’antica storia del re di Tule che, sentendo vicina la morte, gettò in mare dall’alto del castello la coppa d’oro ricevuta in gioventù dalla sua amata, affinché nessun altro ne venisse in possesso. Intanto Mefistofele, nel cortile della casa, suscita una schiera di fuochi fatui che, intonando con lui una serenata, dovrebbero condurre la fanciulla alla perdizione. Margherita, infatti, si stringe ardentemente a Faust nell’alcova, rivelandogli di averlo conosciuto in sogno e di averlo amato prima di incontrarlo. Ma entra precipitosamente Mefistofele annunciando che tutto il vicinato si è accorto di quanto sta avvenendo in quell’alcova e, tumultuando sotto casa, chiama la madre di Margherita perché venga a godersi lo spettacolo. I due sono costretti a lasciarsi, ma Faust promette di ritornare l’indomani, mentre Mefistofele esulta per essere riuscito a vincere la tetra accidia del dottore, la cui anima, ora che è preda delle passioni, potrà essere più facilmente conquistata.
Parte quarta
Stanza di Margherita.
Margherita rimpiange Faust, che non è più tornato, mentre all’imbrunire risuonano i canti degli studenti e dei soldati come nella lontana sera del primo incontro.
Foreste e caverne.
Faust invoca la natura selvaggia che, sola, può dare conforto al suo tedio infinito. Mentre echeggiano nel bosco suoni di caccia, giunge Mefistofele che gli annuncia l’imprigionamento di Margherita, condannata a morte per aver avvelenato la madre con il sonnifero che Faust le aveva dato per facilitare i loro incontri amorosi. Faust chiede a Mefistofele di correre a liberare Margherita; Mefistofele acconsente ma esige in cambio che il dottore si impegni per iscritto a cedergli l’anima nell’aldilà. Firmato il contratto, compaiono due cavalli neri che partiranno al galoppo verso la salvezza di Margherita. Nella corsa sfrenata i due destrieri irrompono tra un gruppo di contadini che sta pregando davanti a una croce campestre, mentre Mefistofele incita Faust – terrorizzato da visioni sinistre – a spronare il cavallo se vuole giungere in tempo a liberare Margherita. L’esortazione di Mefistofele è un inganno; d’improvviso il demonio lancia un grido di trionfo al quale rispondono i clangori delle trombe infernali, mentre i due precipitano coi destrieri in un abisso dove Mefistofele viene portato in trionfo dal popolo infernale per la sua vittoria. Intanto in paradiso un coro di spiriti celesti intercede per la salvezza dell’anima di Margherita, colpevole soltanto di aver troppo amato, e la fanciulla sale in cielo.